Lumen Naturae
Circola in questi dipinti l’ebbrezza fisica del contatto con la natura che, pur nel carezzevole trapasso delle stagioni, nell’esaltazione coloristica di uno scorcio paesaggistico, nello stupore della visione seducente di un fiore, non è sempre sognante, stupefacente, di sentimento panico e di gioia esaltante, in quanto in alcuni «pezzi» il naturalismo di Boni si connota di elementi di ansia, di quieta malinconia e, talvolta, di angoscia esistenziale, e tocca, quindi, dal punto di vista della struttura narrativa, valenze informali.
Ma la materia non acquista mai forme laceranti. Distilla, piuttosto, nella severità della distribuzione cromatica, toni ombrosi. Il colore torna ad essere un attributo fortemente variabile e a manifestarsi in tutta la sua ricchezza ed intensità espressiva. Quando si frantuma, la felicità di tocco dell’artista lo riconduce ad unità incorporando una tenue luce in certe arbitrarie deformazioni sviluppate sul filo melodico di un dolce canto.
Ed in questo senso gli acquerelli di Boni possono essere accostati a quell’«ultimo naturalismo» di cui parlava Francesco Arcangeli, cioè a quel naturalismo di marca padana che si confronta con la tendenza informale e raggiunge un risultato poetico non, certamente, provvisorio, il risultato ultimo della decantazione dell’anima.
Michele Fuoco
Boni, tra i figli della sua generazione, si rivela solitario celebratore di delicate immagini. I suoi acquerelli, nel tempo e fuori del tempo, sono segnati dall’impegno emotivo con cui egli avvicina i colori; i temi, quelli legati alla tradizione di questa tecnica nobile e sensibilissima, che vuole amore panico in abiti di grazia bucolica. Di qui le sue architetture di una bellezza d’insieme ritmata - è facile avvertirlo - in una musicalità che raccoglie colori, spazi e atmosfere. In questo insieme s’inserisce la solarità primaverile di impressioni visive quali il fiore e l’angolo agreste denso di contrasti cromatici. Gli aspetti della natura, cercati e raccolti nella discrezione di giardini e contrade, dove ogni cosa si ammorbidisce e si sfuma in un pigro e incantato riserbo, appaiono desueti.
Guido Franchetti