Nuove Liriche e omaggio al Cantico delle Creature

 

"Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature,

spetialmente messor lo frate Sole,

lo qual è iorno, et allumini noi per lui.

 

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de Te, Altissimo, porta significatione..."

dal "Cantico delle Creature", San Francesco d'Assisi

"La creazione resta una prova della bontà divina anche quando, dopo il sole, dopo le stelle, dopo il fuoco... si passa all’umanità. Certo il poeta non può pensare agli uomini senza pensare agli odi che li separano, alle lagrime che sono costretti a versare, all’Inesorabile che li atterra e li dissolve.

Ma non ne resta intaccata l’azzurra purezza della sua visione”.

Il critico letterario L.F. Benedetto scrive queste parole sul “Cantico delle Creature” di S. Francesco nel 1941: siamo nel cuore della seconda guerra mondiale e delle inaudite sofferenze che essa sta recando all’umanità. Mancano pochi anni all’uso delle armi atomiche. Ci saranno poi molte guerre in molte altre parti del mondo.

Leggere il “Cantico delle Creature” all’inizio del terzo millennio turba la coscienza e al tempo stesso è disarmante: produce una sorta di ferita nel cuore: l’umiltà di Francesco, le sue parole così candide e disadorne ed il suo amore per il creato sentito nella sua originaria purezza, contrastano con la superbia dei potenti di oggi e con le parole arroganti e minacciose di chi aggredisce gli uomini e depreda la Terra.

Per questo il Cantico assume anche un valore di monito.

Ho reso omaggio con sei tondi ai versi eterni delle “Laudes Creaturarum”: quelli dedicati alla lode di frate Sole, sora Luna e le stelle, frate Vento, sor’Acqua, frate Focu e sora nostra madre Terra.

Anche il resto della mostra si ispira - a volte in modo abbastanza diretto, altre volte in modo un po’ velato - ai segni del sacro nella natura, alla religiosità semplice dei nostri avi e allo stupore di esistere in quanto creature.

Walter Boni

Per l’artista è ancora possibile recuperare da una lirica o da alcuni suoi segmenti minimi segnali di un recondito e vasto mistero, di una pittura nutrita di stupori in immagini pacate, di singolare reinvenzione. La poesia consente, quindi, un adeguamento di nuove tensioni creative, per cui un bel verso può rinascere sul foglio con colori che creano toni indecisi e sfumati e rendere l’impressione di ciò che è vago, di stati d’animo incerti, di piccole impressioni di solito trascurate. Quasi una ricerca d’atmosfera che sia disposizione spontanea ad un candido possesso del sentimento delle cose.

Nella vitalità della pur lieve materia dell’acquerello, che prende forma da un labirintico disegno di coincidenze, di corrispondenze con la poesia, si cela una grande forza immaginativa, un’atmosfera enigmatica e sospesa nel silenzio in cui vengono immerse figure e natura con affioramenti e squarci di realtà.

Michele Fuoco